“… In questo processo, l’approdo – non unico e non definitivo, ma caratterizzante – all’incisione costituisce una traccia, un segno diretto, la forza del gesto che si cala sulla lastra, le vibrazioni del tratto iterato, che costringe l’occhio a seguirne le accensioni. Non più prelievo dal mondo esterno, ma forse memoria; non più trascrizione di emozioni, ma incerto e instabile equilibrio tra pulsioni e rigori.
Da queste premesse il suo procedere per ossimori, il suo muovere con forza e vitalità il nero che tutto sovrasta, il brulicare sotterraneo, bianco su bianco, della superficie trafitta e martoriata, quasi a trascrivere nella buccia d’arancia di un’epidermide affaticata il senso segreto (e vibrante) del fare. Cui il segno, nel suo sovrumano silenzio, nel suo distendersi come forza originaria e immotivata, dà forma, senso, ragione di essere.” [Mauro Corradini 2004]