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Si è per molti anni mossa nel segno inciso, deciso, astratto, nitido: ha trasferito, dopo una lunga gestazione interiore, la forza del segno diretto, con cui taglia la pietra.
Trovata o costruita per interventi preliminari la forma giusta, Angela Corti interviene con martello e scalpello e taglia verticalmente o obliquamente la pietra. Il taglio non è mai regolare, lineare, non usando l’autrice le procedure meccaniche; vuole che la pietra si rompa, seguendo le sue interne venature, la sua struttura. Sulla frattura che si crea, su una ferita voluta e violenta, interviene successivamente con mano e con opera femminili; interviene con il rammento, la cicatrizzazione che sta lì tra la sartoria e l’operazione chirurgica, che tende a riunificare ciò che lei stessa ha diviso, tende a disegnare tracce sulla superficie.
Maschile e femminile si congiungono, trovano un punto d’incontro fino a diventare parte del medesimo mondo espressivo, i cui significati metaforici sono abbastanza evidenti e palesi: ricostruire dopo il disastro, dal diluvio in qua, sembra essere il destino degli uomini.
Mauro Corradini
Prima Rassegna d’Arte – Premio Orzinuovi, 2008
Mauro Corradini, Le pietre tessute di Angela Corti
Quasi ossimoro il lavoro calcografico e plastico di Angela Corti, giovane artista bresciana, che si è presentata in città, per la prima volta (crediamo), con una completa personale, recentemente conclusa allo Spazio Overseas di Via Carini, 4.
L’avevamo già incontrata come calcografa, con i suo segno deciso, recupero mentale e manuale della cultura dello spazialismo, arricchito dalla presenza di un fondo rugoso, pieno di sbalzi e contraddizioni, pieno anche di incisioni in piano, a mutare il gesto con il registro della regolarità geometrica: una prima contraddizione, come se la linearità espressiva non potesse bastare: o come se proprio nel dialogo tra figure di un’astrazione geometrica, sotterranea e tuttavia presente, e segni tra gesto (e rigore) potesse costituire l’unica metafora del mondo. Poi, sulla calcografia, arte di nicchia dalla lunga storia, si è innestata la voglia di esplorare lo spazio; lo spazio fisico della forma, intendiamo. Sono mutati i registri; si è insinuata la condizione concettuale che non disdegna la manualità acquisita, il segno grafico è diventato oggetto, è diventato traccia leggibile, filo di rame e/o d’acciaio che lega frammenti di marmo, volontariamente separati dal colpo di scalpello.
Una sorta di tessitura elaborata (di pietre tessute parla il titolo della mostra) aggiunge contraddizione alla contraddizione originaria che vuole collegare ciò che ha diviso, vuole fermare e chiudere ciò che ha separato; ma si possono tessere le pietre? Può sussistere un’indicazione di disagio che tocchi così profondamente materia e gesto?
Ecco, Angela Corti si muove sullo spartiacque di una enunciazione che viaggia sui parametri della riflessione linguistica, ma, forse in forza della calcografia frequentata e praticata a lungo, non dimentica la manualità; non è attratta dal bravo artigiano, ma sa che l’opera vive nella giustezza dei relazioni tra gesto e materiali: in questo senso la contraddizione della pietra tessuta si eleva a immagine di più vaste inquietitudini.
Bresciaoggi, 2006
Angela Corti: contrasti e aperture
Mauro Corradini
1. Nelle sue straordinarie Lezioni americane, osserva Italo Calvino a proposito di Robert Musil, con una riflessione applicabile a tutto il secolo scorso, che nodo essenziale della nostra conoscenza è “la coscienza dell’inconciliabilità di due polarità contrapposte”. Ora di diversa conformazione, a volte addirittura accostate, le contrapposizioni costituiscono l’anima del nostro stesso esistere. Nell’arte soprattutto, e nell’arte contemporanea in particolare, emergono agevolmente le relazioni costruite all’interno della medesima dimensione stilistica, tra partecipazione e distacco, tra razionale ed emotivo, tra rigoroso (matematico-geometrico) e spontaneo (gestuale); in questa luce, tutta l’arte sembrerebbe un coacervo di contraddizioni; opposte e apparentemente inconciliabili, e tuttavia possibili in quell’universo lieve che l’arte, e solo l’arte, sa costruire. Difficile in una necessaria sintesi immaginare il secondo dopoguerra, il periodo a noi più vicino, senza considerare il contrasto tra emozioni improvvise e conturbanti e raffreddamenti, scaturiti anche per reazione: si pensi alla variabile geografia stilistica dell’informale, dal modello europeo tra materia e gesto (tra Fautrier e Hartung) e quello d’Oltre oceano tutto gesto e immedesimazione; si pensi ancora alle risorgenti esperienze neo-dada (tra pop arte e aperture sul dramma dello spazio) e le restanti manifestazioni parallele che tendono a raffreddare, fino alla smaterializzazione dell’icona, a partire dal vuoto creato dal bleu di Yves Klein, la pagina più dirompente dell’intera cultura post bellica.
Ogni giovane che entra oggi sulla scena artistica non può, razionalmente o intuitivamente, non fare i conti con questa storia, con questa disposizione, che apre la via tanto all’uscita dalle procedure espressive (e con le neo avanguardie l’arte occupa lo spazio fisico dell’ambiente e il corpo stesso dell’artista), quanto ai clamorosi ritorni, con un bisogno di pittura che recupera anche le composizioni di settecentesca memoria. Quando Angela Corti, giovane autrice bresciana, compare sulla scena artistica, negli anni novanta, sono apparentemente lontane quelle originarie contraddizioni, ma una sotterranea eco permane, latente; e si coglie più nelle scelte linguistiche (non solo della nostra autrice) che nelle dichiarazioni, più nelle intuizioni che nelle riflessioni esplicite; sono ormai nel dna, prima ancora che nel pensiero razionale, di una generazione di trentenni che si è affacciata alle soglie del nuovo secolo con alle spalle un turbinoso quanto affascinante retroterra.
Contrasti e aperture sottolinea l’inevitabile conflitto, così come le interne contraddizioni; la prima delle quali, quasi la più esplicita, si incontra già sul piano formativo (anche questa una componente giovanile, quella della scelta emotiva, di un’età di transizione, dove tutto appare a portata di mano e nulla diviene raggiungibile): Angela studia lingue e dalle lingue trae la sua dimensione professionale primaria, e si dedica all’arte come passione e apertura espressiva; scelta la via parallela, personale, dell’arte, Corti si diploma a Brera in pittura, e subito sceglie una specializzazione (corsi a Venezia e Urbino) in calcografia; appresi gli strumenti pittorici e calcografici avverte l’attrazione per i materiali, per le forme plastiche, sceglie la scultura, da autodidatta questa volta, ma con chiari riferimenti espressivi, che rinviano tanto al concettuale che alle contaminazioni, che dell’età più recente sono il sostrato. Ad un tempo rigorosa nelle procedure espressive quanto emotiva nelle scelte linguistiche, Corti si propone con il coraggio dell’apertura, la sfida verso il nuovo, con la consapevolezza che i contrasti ci appartengono, e non vale la pena di negarli con un’inutile coerenza.
In un processo formativo che andrebbe riletto passo a passo, il percorso artistico della giovane autrice viene a restringersi in quelle che oggi appaiono le sue attività privilegiate, la calcografia, cui si dedica da oltre un decennio e la ricerca plastica, cui si dedica da un paio di anni. In campo calcografico Angela Corti ha già collocato segni certi, ha maturato esperienze importanti, dalla presenza nel Repertorio degli Incisori Italiani, edito a Bagnacavallo, alla partecipazione ad esposizioni di prestigio fino a figurare in un sodalizio, temporaneo e dalla forte connotazione espressiva; è il gruppo che dà vita alla mostra Nero di luce, per un intero anno (2006) circolante in tutta Italia con una collettiva sostenuta dall’entusiasmo dei partecipanti e dalla qualità delle oepre. Di contro, nuovo appare il suo cammino plastico, che qui si propone per la prima volta, anteprima di un progetto che sembra spostare i termini emotivi del fare arte, tra utopia e sogno.
Contrasti e aperture dunque: nell’esperienza poco più che decennale si colgono ad un tempo continuità e accelerazioni, coincidenze e salti, analogie e dissonanze, come se Angela Corti, di fronte agli stimoli della cultura non solo assimilasse le sostanze, ma cogliesse anche quegli umori sottili che rappresentano il sale della conoscenza, nella consapevolezza che la vicenda culturale è costruita su relazioni e passaggi e progetti, a prima vista incongrui e inusitati.
È la via complessa e piena di fascino che Angela Corti ha attraversato nell’ultimo decennio; risale infatti alla prima metà degli anni novanta la sua prima apparizione pubblica. Questo volume raccoglie gli esiti recenti, i più maturi, di un cammino più ampio; propone necessariamente il duplice percorso della calcografia e della scultura, cui Corti è approdata nell’ultimo biennio. La nuova disciplina ha dato rinnovato entusiasmo e voglia di fare; sovente l’autore crea l’opera e ne rimane soggiogato. In una sorta di pendolarismo tra due percorsi forse più vicini di quanto non appaia all’occhio che osserva in superficie, in una sorta di bipolarità che è bene considerare alla luce dei caratteri contrastanti che abbiamo indicato, alla luce di conflitti e suggestioni, Corti appare compiutamente ad un tempo segno inciso e forma plastica. Con l’avvertenza, che tutto quello che Angela Corti viene producendo va ricondotto all’idea di ossimoro, all’idea di contrasto. Già lo annotavamo un paio di anni fa presentando la rassegna Nero di luce; richiamata la figura retorica, il nostro testo sottolineava “il suo muovere con forza e vitalità il nero che tutto sovrasta, e il brulicare sotterraneo, bianco su bianco, della superficie trafitta e martoriata, quasi a trascrivere nella buccia d’arancia di un’epidermide affaticata il senso segreto e vibrante del fare”.
2. Angela Corti ha scelto da subito la linea non figurativa, che mantiene tanto nell’incisione, quanto nella scultura. Costruisce Angela l’immagine incisa su alcune costanti: da un lato la scelta della carta, una carta “martoriata”, una carta prodotta a mano, rugosa e ricca di avvallamenti e protuberanze, carica di umori. Nell’uso della carta a mano forse emerge il bisogno di partire da un linguaggio già sedimentato e praticato, di muoversi su una traccia che dia appigli e sostegni, meno presenti nelle carte levigate e fredde della moderna industria tipografica. Ha la carta a mano il sapore dell’albero, di cui ripete le gibbosità della corteccia, ma ha anche il calore caldo del sole, di cui ha imprigionato la luce con un bianco splendente, senza riflessi specchianti. La scelta di una carta “vissuta” appare come opzione attraverso cui si può leggere in controluce la nostra civiltà, che è ancora, nonostante le moderne tecnologie elettroniche, fortemente legata a Guttemberg, al sapore della composizione tipografica, al profumo d’inchiostro (per un calcografo, espressione carica di affetti ed emozioni).
La carta nell’opera di Corti gioca il ruolo della casualità; su cui Corti deposita i segni, che nascono dalla precisa intenzione del gesto, dell’occhio, della mano che scava la vernice per consentire all’acido di mordere la lastra. Casualità e rigore sono, ancora una volta, una sorta di ossimoro, un contrasto voluto e in parte esibito; impossibile predisporre compiutamente nel momento della stampa calcografica le rugosità della carta; ugualmente impossibile, per contro, lasciare alla casualità del gesto inconsulto, il segno: troppo vibrante, diretto, troppo repentino nel calarsi sulla lastra anche se a lungo soppesato e meditato prima del fare; i segni di Corti sono aggrovigliati e decisi; come se, dopo aver osservato a lungo le tracce della vernice, le chiarità e le ombre della vernice, Corti decidesse di colpo di “sferrare” i suoi segni. Bisturi e sedimentazione, certezza e vigore; appaiono così i segni della calcografa, vergati con energia, a volte con la tecnica diretta della puntasecca, come se solo nel contatto diretto tra punta e tavola potesse emergere la poetica dell’autrice, l’esibito contrasto tra certezze e sotterranee angosce; solo nella forza del segno volitivo aggallano l’intuizione per un gesto ampio e la costrizione di una tavola, sempre troppo limitata per contenere tutte le emozioni accumulate nella vita.
L’inizio del percorso calcografico è stato tuttavia diverso; più informale, più emozionale; cercava la luce solo nel segno. All’inizio tracce e sedimentazioni si depositano come per costruire un’im-possibile costellazione: rimangono a volte tracce di questo passato, rimangono bisogni sottesi che riemergono. Forse nemmeno l’artista ricorda quando è emerso in lei il bisogno del segno diretto e deciso, quando il dialogo serrato tra carta e segno ha determinato la costruzione della tavola incisa sul duplice binario tra le geometrie arcane del segno e quelle più variabili e mobili del supporto. Angela si è mossa con cautela; ha sperimentato e cercato nuove figure; a volte i corrugamenti sono lasciati alla libertà del caso, a volte, l’autrice ha impresso regole certe al caso e al caos preesistenti; Corti ha elaborato immagini in cui sulla superficie del foglio è ben impressa un’incisione in bianco, una traccia senza nero, una geometria a rilievo, bianco su bianco, che crea nuove allusioni. Figlia ed erede della cultura delle neo avanguardie, di un’esperienza disponibile alla sperimentazione, l’incisione di Angela Corti approda alla libertà della luce, che sostiene i segni emersi per interna pulsione dall’energia della mano. Giunge a volte l’autrice a ribaltare il contrasto tra bianco e nero, scegliendo in una certa misura di dare al nero il diritto prioritario sullo splendore del foglio, come se solo nel contrasto della notte si potesse cogliere un barlume di verità: riemerge l’opzione originaria del suo mondo poetico. Viaggio contro corrente, viaggio nella materia, nel supporto, nella coscienza che si specchia nelle contraddizioni, l’opera calcografica di Angela si misura dunque sull’utopia di un disequilibrio sempre risolto e tuttavia insanabile, sempre superato e tuttavia invariabilmente presente.
3. E probabilmente è proprio il contrasto di luce, il contrasto tra segno diretto e rugosità del supporto cartaceo, tra bianco e nero, a favorire il passaggio alla scultura, alle forme plastiche che Angela Corti è venuta elaborando. Si è ampliato l’orizzonte espressivo e sono mutate le potenzialità, in virtù senz’altro di un nuovo materiale, ma anche in virtù di una diversa maturazione espressiva, in una certa misura più sensibile alle riflessioni che venivano dal concettuale; senza scordare la manualità del fare, ma senza enfatizzarne la presenza.
Parla di woven stone la nostra scultrice, di pietra tessuta; in realtà Corti prima rompe la pietra, poi con una pazienza che ad un tempo femminile e profondamente connessa ai nostri gesti, “ricuce” i due frammenti separati dal colpo netto di martello e scalpello. Tessere le pietre è gesto femminile per la sostanza e non è un gesto femminile per il supporto: un nuovo contrasto, a ben vedere. La pietra è dura, resistente, rigida; e il filo è di rame, ottone, acciaio; il filo è tenace, cromaticamente presente sul corpo ferito della pietra spezzata. Facili i riferimenti e il richiamo, da un lato a Lucio Fontana e al suo andare oltre la superficie del quadro, quasi a cercare una diversa verità, dall’altro lato alle opere “pokeriste” di autori come Mario Merz, che ha costruito o ricostruito con materiali inusitati spazi e luoghi raccolti, spazi per l’uomo dal disordine dell’ambiente e della storia. Per Corti il ricamo tra due pietre diviene un gesto amoroso, lieve in una certa misura, come se lo strappo inferto alla natura potesse essere ricondotto a misura, utilizzando la sapienza antica del rammendo. Cuce con un gesto opposto a quello di partenza: là la violenza, il gesto deciso, l’energia che si sprigiona e diviene rottura; qui il gesto lento, lieve, l’energia spesa a ripristinare un’unità perduta. In questo senso l’opera diviene anch’essa contraddizione palese, esibita; come se solo nel paradosso, Corti trovasse risposte adeguate alla realtà del mondo.
Cucire l’incucibile diviene opera che linguisticamente riporta alla calcografia; anche in questo caso, la pietra grezza, semilavorata (è sovente levigata nella parte esposta; ha una forma che l’autrice stessa sceglie, tra le mille forme possibili) appare come una parola già spendibile nell’universo della comunicazione; è un frammento di una storia più vasta, una parola in un vocabolario che da tempo si conosce; anche i fili (rame, ottone, acciaio) sono parole d’uso; servono alle mille opere quotidiane.
Nuova è la relazione, il legame (vero e proprio, non metaforico) instaurato; nuovo è il ritmo che esce dalle forme. Corti titola Frattura le sue opere, definisce lo stacco e l’energia che divide, più che il gesto femminile che riunisce: sceglie dunque di sottolineare l’elemento che immediatamente balza agli occhi, più che il lavoro seguente, di “ago e filo” che essa compie, per disegnare una diversa ragnatela, ragno-acrobata di una nuova dimensione, che ha tanto il sapore della sconfitta. Angela unisce ciò che ormai non è più unibile; rimane imprigionata nella sua stessa trama, si abbandona alle cromie del marmo, alle venature dalla pietra, al cui disordine contrappone l’ordine dei fili che ricuciono. Per confermare una visione del mondo da ricondurre nell’ottica del contrasto, della contraddizione. Specchiandosi nel mondo, anche l’opera di Corti sembra navigare a vista in un mare, in cui difficile, sempre più difficile, diviene l’approdo.
Mauro Corradini
2006
…Il curriculum artistico di Angela Corti si presenta ricco di esperienze e diversificazioni di percorsi; in questo processo, l’approdo – non unico e non definitivo, ma caratterizzante – all’incisione costituisce una traccia, un segno diretto, la forza del gesto che si cala sulla lastra, le vibrazioni del tratto iterato, che costringe l’occhio a seguirne le accensioni. Non più prelievo dal mondo esterno, ma forse memoria; non più trascrizione di emozioni, ma incerto e instabile equilibrio tra pulsioni e rigori.
Da queste premesse il suo procedere per ossimori, il suo muovere con forza e vitalità il nero che tutto sovrasta, il brulicare sotterraneo, bianco su bianco, della superficie trafitta e martoriata, quasi a trascrivere nella buccia d’arancia di un’epidermide affaticata il senso segreto (e vibrante) del fare. Cui il segno, nel suo sovrumano silenzio, nel suo distendersi come forza originaria e immotivata, dà forma, senso, ragione di essere.
Mauro Corradini
Mostra d’incisioni Nero di Luce, 2004
Le onde si frangono contro le rocce,
generando forme, suoni e colori
Angela Corti si dedica alla scultura dal 2004, quando inizia a realizzare le sue woven stones, pietre tessute. La sua ricerca plastica invero ha radici nell’arte incisoria, da lei praticata dalla fine degli anni ’90, ancor prima di intraprendere gli studi accademici. Dalla pietra è attratta per i suoi segni, le venature, le variazioni cromatiche, l’alternanza di superfici scabre e lisce, rugose e cristalline, tanto che il passaggio dal torchio – dove le pagine più belle si sono materializzate attraverso la goffratura e la puntasecca – alla cava appare come un percorso intuibile, logico. Le cave di Botticino diventano pertanto il luogo in cui l’Artista ricerca la storia tracciata, la pagina incisa dalla natura, oltre che l’incontro della natura stessa con l’uomo, in un paesaggio che nella metamorfosi si fa pittorico e plastico. Qui l’Artista cerca blocchi di pietra, per poi compiere la sua decostruzione-ricostruzione: li frammenta, fendendoli, per poi ricomporli; dà alla materia nuova forma, riunendo i pezzi, cucendo le pietre con un filo metallico che trattiene i frammenti, generando così sul corpo inferto una veste protettiva. Tutto ciò che si frange, pur conservando i segni della rottura, della frammentarietà, può avere nuova forma, nuova vita.
Rosolino Di Salvo, architetto, musicista-compositore, compie una ricerca che vede nell’armonia e nel modulo la tangenza dei due percorsi; il suo iter musicale accoglie altresì molteplici stimoli, facendo confluire esperienze che decostruiscono le strutture rigide dell’ingegneria musicale precostituita. La sua musica è pertanto in divenire, aperta e sperimentale ed i suoi suoni sono plasmabili e mutevoli, come la nostra interiorità. Esiste infatti nei suoi brani un congiungimento diretto tra esterno ed interno, quasi la chitarra altro non fosse che lo strumento di incontro tra due emisferi. Nella sua opera prima Colori, 7 Preludi per chitarra, ciascuna composizione è un colore dell’iride, perché la sua musica, come la gamma cromatica, proietta stati d’animo, emozioni che, nella loro percezione, partono da una suggestione sensoriale per poi prendere nuove forme e immagini. I suoni di Rosolino Di Salvo sono quindi impressionistici, pennellate astratte capaci di trasformarsi in paesaggi, che scorrono talvolta lenti, talaltra veloci, per portarci altrove. I suoi suoni virano lo scorrere lineare del tempo e si tramutano in visioni mobili. Restiamo pertanto sospesi, talvolta smarriti e pronti ad un nuovo approdo.
Nel 2010 Angela Corti rimane conquistata dalla composizione musicale Lieve di Rosolino Di Salvo e da lì a poco nasce il loro sodalizio artistico.
Onde di pietra è una ricerca sperimentale generata dall’incontro di tensioni artistiche provenienti da ambiti e territori diversi, un’unione di acqua e terra, essenza fluida e salda roccia, musica e scultura. L’idea di un’opera che possa congiungere più arti era latente da anni nei due artisti. Angela Corti in più occasioni aveva sentito la necessità di restituire la sonorità della carta e della pietra, inserendo in alcuni suoi lavori pentagrammi e note musicali; dal canto suo Rosolino Di Salvo aveva già iniziato a comporre sonorità cromatico-musicali. Dal lavoro condiviso nascono così sculture musicali, strumenti sperimentali; i fili metallici sono ora sostituiti da corde di chitarra o da veri e propri strumenti musicali (xilofono, idiofono) e le pietre fungono da pareti di risonanza.
Il Musicista dà loro vita, attraverso il suo tocco nascono infatti improvvisazioni sonore, suoni germinali, fuori da ogni regola. Per questo incontro artistico Di Salvo rilegge tre suoi brani: Rosso, Ciano e Blu (dalla raccolta Colori, 7 Preludi per chitarra), la sua interpretazione si arricchisce di nuovi suoni, pronti ad accogliere non solo la suggestione del ritmo del mare e del vento, ma anche nuove sensazioni tattili e visive nate dal contatto con la pietra. Il colore sonoro acuisce pertanto il contrasto tra terra e aria, asprezza e levigatezza, spigolosità e sinuosità. Alcune esistenze, pur trovandosi sullo stesso piano, sono parallele, pertanto non si intersecano mai, altre invece sono perpendicolari, destinate a direzioni diverse, eppure in un punto si incontrano. In questo luogo, gli spazi e i paesaggi si sovrappongono, perdendo i loro confini. Smarrendosi.
Anna Lisa Ghirardi
Ottobre 2011
Il corpo dell’Artista si muove generando vibrazioni, segni, scalfitture, fratture, cuciture: è una danza elegante che tesse l’opera.
Davanti alle opere di Angela Corti ci sorprende il contrasto, l’ossimoro: bianco e nero, rilievo e scrittura, fenditura e cucitura, asperità e morbidezza, risolutezza e leggerezza, veemenza ed eleganza.
L’Artista dà l’incipit alle opere calcografiche incidendo con forza lastre di zinco e scalfendo tavole di legno, una forza che si manifesta ancor più energica e risoluta quando frammenta i blocchi di marmo che compongono la sua scultura, eppure il vigore necessario alla creazione delle sue opere nell’esito finale è sempre celato. La raffinata goffratura della carta fa infatti vibrare con levità la superficie dei suoi fogli, sulla quale persino i segni incisi paiono posati con leggerezza, le pesanti “pietre” frammentate acquistano, nella loro composizione e precarietà, forme armoniche e i rigidi fili di metallo, alla manipolazione dell’Artista, divengono flessibili.
Un’ulteriore antitesi, a dire il vero solo apparente, in quanto essa caratterizza l’intera esistenza umana, è presente nella sua opera: progettazione e casualità; il pensiero razionale e il gesto meditato incontrano il caso. La potenza e la direzione del gesto che il braccio compie nel fendere la pietra sono infatti controllabili, ma non certamente la frattura; del resto, anche nella tecnica calcografica, per usa intrinseca natura, le due componenti esistono l’una affianco all’altra. I suoi fogli stampati a secco ci invitano ad essere mossi alla ricerca della luce, rivelatrice di anfratti e sporgenze, tra contrasti di sensi ed emozioni. Le sue pietre infrante inoltre ci inducono non solo a girarvi attorno, come è consono fare con la scultura a tutto tondo, ma anche a guardarvi attraverso, esplorando e varcando le fenditure, inoltrando lo sguardo oltre il limite. L’arte quindi, ancora una volta, ci porta altrove, in luoghi immaginari e da sempre necessari. Le carte dell’Artista infatti sembrano quasi scalfite e graffiate, con la volontà di lasciare sulla crosta dell’esistenza i segni della propria presenza, la forza dello spirito vitale. E le sue scultura, strettamente connesse al linguaggio poetico ed estetico, espresso attraverso le incisioni, costituiscono una decisa risposta alla discontinuità della vita. Le fenditure del marmo infatti, pur essendo insanabili, vengono ricomposte con una tessitura paziente, erede di una gestualità antica e femminile. L’Artista non ricompone quindi le pietre spezzate nella forma originaria, non più ricostruibile, ma in nuove sembianze trattenute da tenaci fili tessuti, che acquistano un nuovo valore e un nuovo significato.
La compattezza delle forme levigate e armoniche della scultura classica è ormai lontana reminiscenza della certezza che veniva riposta nell’arte e nella vita. La scultura di Corti è figlia dell’arte della contemporaneità, smarrita e precaria, in grado di percepire della classicità ormai solo l’eco lontana delle rovine antiche.
Nell’opera “Tessitura” una sorta di telaio è invero legato alla scultura, quasi le Moire non avessero ancora finito il loro lavoro e stabilito il loro destino di ognuno di noi; nell’opera la speranza sembra infatti non voler soccombere..
L’esistenza ci attraversa, ci scompone, ci frammenta in massi percorsi da ferite, ma l’elan vitale s’innalza in una gestualità che, con le sue movenze eleganti, non cede facilmente il passo alla danza macabra.
Anna Lisa Ghirardi
Mostra Windows of the Art, 2008
deutsche Version
Mit der Körperbewegung der Künstlerin werden Erregungen, Zeichnen, Schrammen, Brüche und Nähte erzeugt: es ist ein eleganter Tanz, als ob das Kunstwerk gewebt wird.
Vor den Werken von Angela Corti stehend überrascht uns der Kontrast, das weiß-schwarze Oxymoros, Relief uns Schrift, Spalt und Naht, Widrigkeit und Weichheit, Entschiedenheit und Leichtigkeit, Kraft und Eleganz.
Wenn die Künstlerin die Bearbeitung des Druckplatten beginnt, graviert sie kräftig die Zinkplatten und schneidet in den hölzernen Druckstock, eine Kraft die sich noch energischer und resoluten zeigt, wenn sie die Marmorblöcke, aus denen ihre Skulpturen entstehen, zerbricht. Doch ist diese Kraft, die die Voraussetzung für das Schaffen ihrer Werke ist, immer im endgültigen Werk verborgen. Die raffinierte Prägung des Papiers lässt die Oberfläche ihrer Blätter mit Leichtigkeit vibrieren, auf der auch die eingravierten Zeichen leicht aufgebracht erscheinen. Die schweren zerbrochenen „Steinblöcke“ nehmen in ihrer Zusammenfügung und Vorläufigkeit harmonische Formen an und die starren Metalldrähte werden beim Bearbeiten durch die Künstlerin biegsam.
Weitere nur anscheinend These und Antithese sind in ihrem Kunstwerk zu finden, da sie die ganze Menschheit charakterisieren, Planung und Zufälligkeit. Der rationelle Gedanke und die geplante Bewegung treffen auf den Zufall. Die Kraft und die Richtung im Schwung des Armes beim Spalten des Steins sind kontrollierbar, der Bruch sicher nicht. Aber auch in der Kupferstichtechnik existieren die zwei Widersprüche nebeneinander.
Ihre geprägten Blätter laden uns auf der Suche nach Licht ein, das Schluchten und Felsvorsprünge enthüllt, zwischen Kontrasten und Emotionen. Außerdem führen uns ihre zerbrochenen Steinen dazu, nicht nur um sie herumzugehen, wie es bei Vollplastik üblich ist, sondern auch durch sie hindurchzuschauen und die Spalten zu erforschen und hindurchzugehen, der Blick über die Grenze hinaus. Weiterhin führt uns die Kunst woandershin, zu imaginären Orten, die seit jeher notwendig sind.
Die Papiere der Künstlerin scheinen nämlich fast verschrammt und verkratzt, mit dem Willen, die Spuren der eigenen Gegenwart auf der Oberfläche zu hinterlassen, die Kraft der Lebensgeistes. Ihre Skulpturen, die mit der von den Gravierungen ausgedrückten poetischen und ästhetischen Sprache eng verbunden ist, sind eine Antwort auf die Diskontinuität des Lebens. Die Spalten des Marmors, auch wenn unheilbar, werden mit einem geduldigen Flechten wieder zusammengesetzt, as aus einer antiken weiblichen Gestik stammt. Die Künstlerin setzt dann die zerbrochenen Steine nicht in ihrer ursprünglichen Form wieder zusammen – weil nicht mehr rekonstruierbar – sondern in neuen Formen, die durch zähe gewebte Fäden zusammen gehalten werden, die einen neuen Wer und eine neue Bedeutung gewinnen. Die Kompaktheit der glatten und harmonischen Formen der klassischen Bildhauerei ist nun eine ferne Erinnerung der Sicherheit, die aufs Leben und auf die Kunst gesetzt wurde. Die Bildhauerei von Corti ist Tochter der zeitgenössischen Kunst, verloren und prekär, die von der Klassizismus nur das Echo der antiken Ruinen anerkennt.
Im Werk der Künstlerin „Tessitura“ ist eine Art von Webstuhl mit der Skulptur verbundenem als ob die Moiren – die drei Schicksalsgöttinnen – ihre Arbeit noch nicht zu Ende gebraucht hätten und unsere Schicksal noch nicht bestimmt hätten. In den Hoffnung, als ob sie nicht sterben möchte.
Die Existenz durchfließt uns, zerlegt uns, zerbricht uns in verwundete Teile, aber der Lebensgeist erhebt sicht mit einer Gestik, die in ihren eleganten Gebaerden dem makaberen Tanz nicht so einfach den Vortritt lässt.
Kurator Anna Lisa Ghirardi
Ausstellung Windows of the Art, 2008
Corti nelle sue opere scultoree è solita tessere la pietra, precedentemente infranta, con fili metallici, in un lavoro di paziente sutura. Per questo concorso l’Artista si allontana dalla sua pietre tessute, per comporre un’opera priva di ferite, quasi ad innalzare il mondo divino in uno spazio eterno, lontano dalle fratture del mondo terreno. La venata pietra di Botticino è per di più sostituita dal candido e nobile marmo di Carrara, scelta che conferma la contrapposizione tra fragilità e solidezza. Il contrasto non solo è percepibile tra mondo terreno e mondo divino, ma anche tra essenza apollinea ed essenza dionisiaca, che esso si trovi sull’Olimpo o sulla terra.
La scultura raffigura un occhio perché Apollo è il dio della sapienza e l’occhio è il senso percettivo che ci permette di vedere le cose, per poi proiettarle con saggezza nel nostro mondo interiore. L’immagine classicheggiante che intravediamo è però in forte contrasto con le forme rigide conferite alla scultura: ordine e bellezza sono infatti vinte dalle pulsioni incontrollate di Dioniso. L’occhio si appoggia dunque su disordinati fili di ferro, che sporcano di ruggine la bianca materia: le dolci note della lira si smarriscono su uno scompaginato pentagramma.
Anna Lisa Ghirardi
La Forma del Gusto, profumi di mosto VI
edizione, 2007
Pietra tessuta Spazio Overseas – Brescia
Tracce nella sabbia lasciate dall’acqua, segni dell’aratro scolpiti nella terra sono le venature della superficie incisa da Angela Corti. Dalla candida carta emergono vibrazioni, moti, che si fanno energia, forma; l’Artista attende la metamorfosi per tracciare nuovi segni: incisioni di colore, che percorrono il campo con un ritmo deciso, sinuoso ed elegante. Sono ombre, fili, presenze.
E’ la poesia del contrappunto: bianco e nero, rilievo e scrittura, andamenti spezzati, franti e linee sinuose, fluide. La mano genera contrasti armonici, ossimori, la cui tensione è fagocitata dalle calde fauci della bellezza. Bellezza che appartiene all’essenza di Angela Corti, tanto che nulla di ciò che ella crea scaturisce dal caos e dall’irrazionalità, ma dall’armonia, dalla musicalità e trova la sua origine nell’alveolo della femminilità.L’Artista scalfisce il foglio, lasciando l’impronta della materia incisa, quasi a voler segnare con le proprie orme la crosta dell’esistenza, e su esso trasferisce il segno della puntasecca, tecnica che, come sappiamo, non prevede ripensamenti, affermando con forza il proprio elan vitale. Nella scultura la Corti dà forma plastica alla sua ricerca grafica, o meglio, ancor prima di dedicarsi alla pietra, l’Artista ha iniziato a fare scultura nell’incisione.
Nelle venature del marmo di Botticino si ritrova il tracciato delle linee che percorrono la superficie della carta; nella materia sbrecciata si rivede il rilievo del foglio; nei fili metallici, che cercano di unire i pezzi di marmo, si rileggono i segni d’inchiostro deposti sulla pagina impressa.
Certo, rispetto all’esordio della trafittura della matrice, nel gesto che determina la frammentazione della pietra, incipit della sua opera scultorea, si percepisce una forza maggiore, un’azione più risoluta e incontrollabile; la leggera scalfittura della superficie si trasforma in una e vera e propria rottura che spezza, lacera la materia. E’ una fenditura che parrebbe insanabile, eppure l’Artista cerca di riunire i pezzi, ricompone pazientemente i frammenti, preoccupandosi di tenerli quanto più possibile saldi, sebbene ciò le richieda di trafiggere la materia con nuove ferite. Irreparabile è la rottura inferta, tale da aver causato la perdita di alcuni pezzi del blocco originario, tuttavia l’Artista si appella al principio percettivo della “buona chiusura”; nulla è pertanto perduto, tutto può essere ricomposto, attraverso il lavoro paziente e minuzioso, che porta nel mondo della scultura, arte maschile per eccellenza, la fermezza delicata del gesto femminile.
Alla discontinuità della vita Angela Corti risponde con la sutura dei frammenti…quanta speranza c’è nel suo mondo poetico.
Anna Lisa Ghirardi
Novembre 2006
Cucire la pietra, ascoltare la materia, guardare danzare i sassi. E’ apparentemente fondata sull’ossimoro e la contraddizione la ricerca di Angela Corti, l’artista poliedrica e senza confini. La pietra, il suo materiale d’elezione, nei suoi lavori è sempre sottoposta a un processo di trasfigurazione e contaminazione: frammentata, tagliata, fratturata e poi ricomposta, ricucita, riassemblata con una logica nuova, in cerca di nuovi e inaspettati equilibri.
Simona Bartolena
Mostra Un quarto di cuore
Associazione Culturale Heart Pulsazioni Culturali
2023
… Angela Corti nell’incisione fa coincidere corpo e natura attraverso un’esplorazione “intricata”, intima ed errabonda; nelle pietre spezzate sonda – tra ferite e suture, la verità dell’eterno fossilizzarsi della vicenda umana nelle ere geologiche…
Fausto Lorenzi
Mostra Windows of the art, Giornale di Brescia
2008
TESSERE FRAMMENTI DI PIETRA …
… per raccontare la quotidianità
“Paradigma rimane il Partenone. Ma a qualcuno piace la pioggia, l’incertezza, le pieghe nascoste nelle idee”. Con questa frase Fausto Melotti sintetizza il pensiero sotteso alla costruzione teorica e operativa della sua complessa ricerca artistica, indicando la strada di un percorso alternativo nell’ambito dell’arte italiana durante gli anni successivi la seconda guerra mondiale, per superare la necessità di un’impaginazione formale di radice inequivocabilmente classica.
Seguire le pieghe nascoste nelle idee diventa allora il filo che lega tenacemente esperienze molto differenti, sviluppatesi a partire dalla seconda metà del XX secolo, nell’intento di creare possibilità di concreto e costruttivo confronto tra proposizioni antitetiche.
Alla scultura, intesa nella sua accezione tradizionale, nel corso degli anni si sono, infatti, affiancate nuove metodologie operative, che il più delle volte hanno provato a scompaginare in maniera irreversibile l’impostazione classica, finendo con il rendere sempre più mobile e sottile il confine tra i differenti linguaggi legati alla contemporaneità. Sotto la spinta di nuove esigenze espressive, la pratica scultorea ha mutato spesso il suo tradizionale codice semantico e i criteri formali, che per secoli ne hanno intrinsecamente qualificato lo sviluppo. Si è passati dall’uso pressoché esclusivo di materie convenzionali e forme tradizionali all’utilizzo di materiali anomali e forme destrutturate, lasciando comunque inalterata la centralità visiva dell’opera e soprattutto la continua interazione con lo spazio.
In questo clima fertile di discussioni teoriche e di soluzioni formali innovative affondano le radici del linguaggio di Angela Corti, che proprio nella necessità di spingersi fin dentro le pieghe oscure delle cose, per esprimere la profondità dell’esperienza interiore, trova le ragioni del suo essere.
Partendo da una serrata riflessione sul senso del fare scultura, maturato in una società che è sempre meno attenta a percepire i segnali di disagio di chi, per sua natura o volontà, non riesce a riconoscersi in essa e cerca con i mezzi che gli si offrono di esprimere il sentimento di continua transitorietà che ha caratterizzato, e ancora caratterizza, questo nostro tempo, la giovane artista bresciana arriva ad analizzare, attraverso la ricercata contaminazione con pratiche cosiddette minori, e per tanto ritenute ancora troppo spesso secondarie all’interno del discorso sull’arte, problematiche considerate tradizionalmente femminili, come la narrazione dell’inesplicabilità della vita, costruita a partire da un punto di vista esclusivamente soggettivo.
L’arte rappresenta la possibilità di mettere a nudo se stessa, le inquietudini, le incertezze, le difficoltà di una quotidianità che si libera da ogni prosaicità e tentazione retorica.
A partire dalla seconda metà degli anni ’90, l’elaborazione di elementi della dimensione quotidiana rappresenta per Corti il processo centrale dell’opera, al punto che è la pietra, scelta come materia d’elezione, a suggerire il filo sottile di una narrazione a cui affidarsi. Superando la preoccupazione di incorrere in un’eccessiva semplificazione, che rischierebbe di banalizzare la profonda articolazione del sentire, la pietra stessa sembra trasformarsi in tela leggera su cui appuntare i brandelli sparsi degli accadimenti intimi e segreti dell’esistenza. La dura superficie lapidea acquista, infatti, improvvisi palpiti, a palesare emblematicamente le energie e le forze che emergono nella pratica quotidiana della vita.
Se la materia è quella tradizionale del marmo o della pietra calcarea, la forma abbandona invece l’assolutezza della classicità, per presentarsi disgregata, ridotta in frantumi e i pezzi, sapientemente creati dal gesto preciso di chi non ha timore di rompere preesistenti equilibri, sono poi ricomposti, uniti l’uno all’altro attraverso una certosina tessitura di fili metallici, spaghi o corde.
Il lavoro di tessitura a legare insieme le schegge dure e ruvide, riallacciando i nodi e districando la matassa dei fili avviluppati, permette di realizzare una simbolica tela, su cui cucire e ricucire i frammenti di un racconto intimo per materializzare, trasfigurandole, le tensioni esistenziali e la fragile provvisorietà della realtà.
Il gesto simbolico della tessitura, intesa non solo come metafora del proprio linguaggio, quanto piuttosto come essenza del processo di creatività, ha il compito di rendere visibile il muto dialogo con sé e tra sé, tanto che la scultura diventa l’imprescindibile strumento per trasformare simbolicamente le tracce del vissuto quotidiano e della sua memoria in stimoli sempre diversi, perché continuamente rinnovati nella loro straordinaria normalità.
Nella complessità di questo percorso di ricerca, che Angela Corti va costruendo con tenacia e metodicità, a destare interesse è proprio l’intrinseca femminilità, che si materializza non solo nella scelta delle modalità operative, ma anche, e soprattutto, nella volontà di offrire attraverso l’arte un’irrinunciabile possibilità di sospendere il fluire dell’esistenza, anche solo per un breve istante, per tornare ad assaporare l’intensità emotiva di quegli eventi, tanto piccoli da apparire a qualcuno persino insignificanti, che costituiscono la struttura portante della quotidianità di ognuno.
Loredana Rea
2008
Angela Corti e la tessitura di pietre come catartico ed originale sistema di scultura
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Pubblicato da: Redazione in Scultura contemporanea 21 gennaio 2014
Stile intervista l’artista e scultrice Angela Corti
Stile Arte intervista l’artista italiana chiamata a Dubai per la realizzazione del monumento dedicato al vento del deserto. Fili metallici che tessono la pietra e che vibrano e sibilano. L’imprinting visivo di fronte a un grande quadro temporalesco e lo sviluppo di un percorso di grande impegno formativo, in direzione di una costruzione poetica della materia. Non per nulla Angela ama Verlaine “il cui tono combina spesso malinconia e chiaroscuro, con un’efficace semplicità”.
Iniziamo con una breve scheda anagrafica, come se leggessimo una carta d’identità. Nell’ambito dell’espressione artistica può immediatamente specificare il suo orientamento stilistico ed espressivo?
Inizio la mia attività artistica negli anni novanta. Mi laureo all’Accademia di belle arti di Brera dove ho appreso le tecniche pittoriche, calcografiche e scultoree; vengo immediatamente attratta dai materiali, le forme plastiche e scelgo la scultura, con riferimenti espressivi, che rinviano tanto al concettuale che all’astratto informale. Ho scelto da subito la linea non figurativa, che mantengo tanto nell’incisione, quanto nella scultura.
Ci può raccontare imprinting visivi, immagini artisticamente ossessive, che hanno preceduto e assecondato la scelta di intraprendere la strada formativa per diventare artista?
La mia scelta di intraprendere l’attività artistica è stata fortemente influenzata dalla conoscenza, quand’ero ancora una bambina, del pittore Umberto Moschetti. Ho trascorso dai 4 ai 20 anni presso il suo studio/abitazione vicino alla casa della mia famiglia. Con lui ho appreso le tecniche classiche del disegno a sanguigna, carboncino e pittura a olio, nonché uno stile di vita.
Avevo 4 anni e ricordo come fosse ora, il grande dipinto “Dopo il temporale”, che Umberto stava spostando con altre persone, l’ho riprodotto su carta come una bambina sa fare, cogliendo i punti che più mi avevano impressionato e da quel momento ho iniziato con lui a fare piccoli disegni e a frequentare il suo studio.
Umberto Moschetti era un artista che contemplava la bellezza della Natura, ne ricercava le armonie, ne percepiva ogni vibrazione, ogni mutamento in una ricerca verso l’Assoluto.
La formazione vera e propria. Dove e su cosa ha particolarmente lavorato? Sono esistite, in quel periodo, infatuazioni espressive poi abbandonate? Come si sviluppa e si conclude – nel senso stretto dell’acquisizione dei mezzi espressivi – il periodo formativo?
Mi laureo all’Accademia di belle arti di Brera a Milano nel 2004. Frequento il corso di tecniche del marmo in Accademia e successivamente mi specializzo alla Scuola delle Arti e della Formazione Professionale Rodolfo Vantini di Botticino a Brescia. Parallelamente all’attività artistica, studio lingue straniere e costruisco la mia dimensione professionale che mi porta a viaggiare molto all’estero, conoscere nuove culture e diversi stili di vita.
Il primo approccio con l’arte non figurativa è stato influenzato dall’astrattismo informale e successivamente dall’arte cinetica degli anni 50-60. Queste espressioni artistiche le ho seguite da artista per qualche anno, poi abbandonate verso una ricerca personale che tutt’ora sto portando avanti. Sono però rimasta un’appassionata e collezionista di opere d’arte cinetica.
Nell’ambito dell’arte, della filosofia, della politica, del cinema o della letteratura chi e quali opere hanno successivamente inciso, in modo più intenso, sulla sua produzione? Perché?
Gli artisti che hanno inciso sulla mia produzione artistica sono senz’altro Lucio Fontana e il suo andare oltre la superficie del quadro, Hans Hartung con la sorprendente immediatezza nella dinamica del segno e Emilio Scanavino con quegli inconfondibili reticoli, nodi, legature, un’elaborata tessitura di segni.
In letteratura, Paul Verlaine, il cui tono, in molte delle sue poesie, combina spesso malinconia e chiaroscuro, con un’efficace semplicità.
Gli esordi come e dove sono avvenuti? Ci può descrivere le opere di quei giorni e far capire quanto e come le stesse – anche per opposizione – abbiano inciso sull’attuale produzione?
Gli esordi sono avvenuti negli anni ‘90, ancor prima di intraprendere gli studi accademici con le prime incisioni calcografiche ad acquaforte. Erano lastre di grandi dimensioni con soggetti astratti legati agli effetti cromatici chiaroscurali della natura.
Successivamente sono mutate le potenzialità, anche grazie alla conoscenza di nuovi materiali e tecniche e una maggiore maturazione espressiva, in una certa misura più sensibile alle riflessioni che venivano dal concettuale.
Dall’incisione con morsura ad acido, ho sentito il bisogno del segno diretto e deciso su metallo e dell’utilizzo di una carta lavorata a mano che stampata creasse un rilievo. E probabilmente è proprio il contrasto tra segno diretto e rugosità del supporto cartaceo, tra bianco e nero, a favorire il passaggio alla scultura, alle forme plastiche.
Quali sono stati gli elementi di svolta più importanti dall’esordio ad oggi. Possiamo suddividere e analizzare tecnicamente, espressivamente e stilisticamente ogni suo periodo?
L’elemento di svolta dall’esordio ad oggi è certamente l’aver definito uno stile ed una motivazione.
Tessere le pietre è gesto femminile per la sostanza e non è un gesto femminile per il supporto: un contrasto. La pietra è dura, resistente, rigida; e il filo è di rame, ottone, acciaio.
Cucire diviene un gesto opposto a quello di partenza: da un lato il gesto deciso, l’energia che si sprigiona e diviene rottura; dall’altro il gesto lento, lieve di un ricamo.
Ci sono persone, colleghi, collezionisti, galleristi o critici ai quali riconosce un ruolo fondamentale nella sua vita artistica? Perché?
Tutte le persone, amici, artisti, critici e galleristi, voglio con ricordare anche la Galleria Sincron in quanto la loro passione per l’arte è stata molto coinvolgente, con i quali mi confronto contribuiscono a stimolare in me nuove idee e sfide. Inoltre, visitare mostre d’arte in Italia e all’estero è per me fondamentale per la crescita artistica e culturale.
Materiali e tecniche. Ci può descrivere, analiticamente, come nasce una sua opera del periodo attuale, analizzandone ogni fase realizzativa, dall’idea alla conclusione?
Prima di approdare alla lavorazione della pietra, c’è un lungo periodo di ricerca, con semplici schizzi di inchiostro o pastello, di lapis o tempera.
La pietra grezza, semilavorata è sovente levigata nella parte esposta; ha una forma che io stessa scelgo, tra le mille forme possibili.
Della pietra sono attratta per i suoi segni, le venature, le variazioni cromatiche, l’alternanza di superfici lisce, rugose e cristalline. Le cave di Botticino diventano pertanto il luogo in cui ricerco i materiali. I blocchi grezzi vengono scolpiti e frammentati manualmente e con gli strumenti meccanici. Ottenuta la forma desiderata, i pezzi frammentati vengono riuniti alla scultura madre cucendoli con un filo metallico. Tutto ciò che si frange, pur conservando i segni della rottura, della frammentarietà, può avere nuova forma, nuova vita.
Progetti nell’ambito espressivo e tecnico?
Attualmente il progetto più ambizioso è la realizzazione di una grande scultura a Dubai.
“Il vento del deserto” è il tuo titolo. E’ una scultura che raccoglie in sé numerose simbologie. Il vento crea nel deserto rocce nude con forme acute e schegge taglienti, incise e lavorate dalle raffiche e dune di sabbia dette anche “sabbie che cantano” per il suono che il vento produce al suo passaggio. Le linee sinuose e grezze della scultura ricordano, da un lato la purezza della cresta delle dune, e nello stesso tempo, le rocce irregolari incise dal vento. Contrasti di linee e superfici. I fili metallici che tessono pietra, quasi a bloccare questo movimento, diventano a loro volta fili che vibrano, il sibilo del vento. Il progetto è curato da Pietro Franesi. Verrà prodotto un video dal filmmaker Umberto Ottaviani che documenterà in forma artistica questo progetto, con la musica “Il sogno di sabbia” composta e suonata dal musicista Rosolino Di Salvo.
Ha gallerie di riferimento? Dove possono essere acquistate le sue opere?
Non ho contratti in corso. Sono lieta di trattare direttamente con collezionisti e appassionati. Ritengo fondamentale trasmettere alla persona interessata la passione che mi ha spinto a creare un’opera, mostrarne l’originalità e il valore.
Orientativamente, quali sono le quotazioni o comunque i prezzi delle sue opere, indicando le commisurazioni?
Le opere sono di dimensioni, struttura architettonica e marmi diversi, dal marmo locale Botticino al Carrara, il valore per questo cambia.
A parte lei – che diamo come autore da acquisire – può indicarci il nome di colleghi di cui acquisterebbe le opere nel caso fosse un collezionista?
Ci sono vari artisti colleghi che meritano un’attenzione particolare e le cui opere sono ricche di contenuti, tra questi alcuni nomi che vorrei segnalare, anche perché io stessa posseggo alcune loro opere, sono Barbara Martini, Luciano Pea, Camilla Rossi, Marcello Gobbi e Marco Tancredi
Recensione: ” Frattura III ” di Angela Corti
Scultura in marmo Botticino e filo di ottone , 35 x 50 x 25 cm
Angela Corti , un’ artista eccellente ed estremamente versatile , la quale, oltre a creare profonde e affascinanti sculture, è in grado di produrre anche dipinti di insolita bellezza. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano con Professori/Artisti di fama internazionale, durante questo periodo ha approfondito l’incisione con Luce Delhove e la tecnologia del marmo con Massimo Pellegrinetti. Inoltre, ha seguito i corsi d’incisione con Luigi Corsini , incisore di Urbino , e di scultura presso la Scuola d’Arte Vantini a Rezzato / Italia . Le sculture astratte di Angela Corti, mostrano un’incredibile consistenza senza precedenti . Il suo processo è caratterizzato da una concentrazione di resistenza, flessibilità e lavoro. L’approccio , sapientemente giocato in modo magistrale e sicuro , rende l’espressività del suo lavoro quasi impossibile da imitare.
Con l’opera ” Frattura III”, lei dice in senso metaforico: “La forza e la direzione del gesto del braccio sulle pietre sono controllabili, la frattura certamente non lo è! “. Ha ragione, e ancora ” Le fenditure del marmo, infatti, pur essendo insanabili, vengono ricomposte con una tessitura paziente, tramite fili di ottone”.
Frattura e ricostruzione , sono ossimori come fenditura e cucitura , avversità e morbidezza , fermezza e leggerezza , forza ed eleganza Ricostruisce la pietra rotta ma non nella sua forma originale (non vuole questo e in effetti non lo diventa!). No, la sua scultura ottenuta con l’intervento dell’artista ha un nuovo significato , una nuova sensualità, se non una nuova esistenza .
” Frattura III “, in marmo di Botticino (pietra naturale a grana fine , beige – marrone chiaro dalla località medesima Botticino vicino Brescia / Italia ), conquista da un lato la forma estroversa massicciamente dominante , dall’altro le interessanti strutture rugose delle superfici. Gli occhi di chi guarda sono attratti a seguire incessantemente i percorsi e le linee delle venature del marmo e dei fili, per scoprire una quasi perfetta armonia d’interazione tra superfici, spigoli e strutture .
Le sculture di Angela Corti dicono molto sulla sua visione della vita . Lei è un’ artista , altrettanto interessata alla musica e alla letteratura , come lo sono le sue varie espressioni artistiche. Molte delle sue opere sono state ispirate dalla musica del musicista e compositore italiano contemporaneo Rosolino Di Salvo. In particolare, la mostra ” Onde di pietra” , è stata un’esperienza particolarmente sensoriale , in cui convivevano i contrasti tra le pietre e la musica .
Con l’opera ” Frattura III “ , vuole esplorare come i frammenti si possono ricomporre, simbolicamente riunire , e quanto questo possa influenzare lo spettatore . Riesce a dare alle sculture in marmo un carisma insolito e – se vogliamo – una sorta di armonia , fino a raggiungere una certa perfezione . Il modo in cui agisce Angela Corti con la materia , può risultare anche per lei inaspettato per ottenere alla fine un’opera unica . Lasciamoci catturare dalla fantastica realizzazione di un’idea artistica eccezionale .
deutsche Version
Rezension: „Frattura III“ von Angela Corti
Skulptur aus Botticino-Marmor und Messingdraht, 35 x 50 x 25 cm
Angela Corti, eine hervorragende und ungemein vielseitige Künstlerin, die äußerst tiefsinnige, faszinierende Skulpturen schafft und auch in der Malerei sehr reduzierte Bilder von ungewöhnlicher Schönheit herzustellen in der Lage ist. Sie studierte an der Kunstakademie von Brera in Mailand unter namhaften Professoren, währenddessen sie sich zusätzlich Zeit nahm, sich in
Radierkunst bei Luce Delhove und Marmor-und Steintechnik bei Massimo Pellegrinetti weiterzubilden.
Darüber hinaus vertiefte sie die Gravierkunst bei Luigi Corsini, Radierer aus Urbino, und die Bildhauerei an der Kunstschule Vantini in Rezzato/Italien.
Angela Cortis abstrakte Plastiken zeigen sich alle in einer ungeahnten Stimmigkeit. Ihr Arbeitsprozess ist geprägt von Ausdauer, Flexibilität und konzentriertem Arbeiten. Ihre Vorgehensweise, in gekonnt meisterhafter Art und Sicherheit, gibt ihren Arbeiten eine fast nicht nachzuahmende Ausdruckskraft.
Mit „Frattura III“ gelingt ihr etwas Metaphorisches, sie sagt: „Die Kraft und die Richtung, der Schwung des Armes beim Spalten des Steins sind kontrollierbar, der Bruch sicher nicht!“ Wie Recht sie damit hat, zeigt Ihr nächster Arbeitsschritt. „Der Spalt des Marmors, auch wenn unheilbar, wird mit geduldigem Flechten mittels Messingdraht wieder zusammengefügt“. Bruch und Rekonstruktion, das sind Oxymora wie Spalt und Naht, Widrigkeit und Weichheit, Entschiedenheit und Leichtigkeit, Kraft und Eleganz. Sie rekonstruiert die Bruchsteine aber keineswegs in ihre ursprüngliche Form zurück (das will sie nicht und es geht faktisch auch nicht!), – nein, ihre Skulptur erhält durch das Eingreifen der Künstlerin eine neue Bedeutung, eine neue Sinnlichkeit, wenn nicht sogar eine neue Existenz. „Frattura III“ aus Botticino-Marmor (ein feinkörniger, beige bis hellbrauner Naturstein aus dem gleichnamigen Dorf Botticino in der Nähe von Brescia/Italien) gewinnt zum einen durch die massiv-dominante, extrovertierte Form, zum anderen durch die interessanten schuppigen Strukturen der Oberflächen. Die Augen des Betrachters werden regelrecht angezogen, verfolgen die Bahnen und Linien der Gesteinsadern und des Drahtes immer wieder, unaufhörlich und entdecken eine nahezu vollkommen Harmonie in einem Wechselspiel zwischen Flächen, Kanten und Strukturen.
Angela Cortis Skulpturen sagen viel über ihre Lebensanschauungen aus. Sie ist eine Künstlerin, die sich für Musik und Literatur genauso interessiert, wie für ihre vielfältige Kunst. Viele ihrer Kunstwerke wurden und werden auch von der Musik des zeitgenössischen italienischen Musikers und Komponisten Rosolino Di Salvo inspiriert. Insbesondere das gemeinsame Projekt, die Ausstellung “Wellen aus Stein”, war eine besonders sinnliche Erfahrung, bei der die Kontraste zwischen Steinen und Emotionen der Musik auflebten.
Mit „Frattura III“ will sie zudem ergründen, wie Bruchstücke, wieder zusammengefügt und so sinnbildlich erneut verbunden, auf den Betrachter wirken können. Sie schafft es auch, ihren Marmorskulpturen eine ungewöhnliche Ausstrahlung zu verleihen und – wenn man so will – diesen eine Art Gleichklang zu geben, bis hin zu einer gewissen Vollendung. Die Art und Weise, wie Angela Corti in die Materie eingreift, sie zunächst peinigt und anschließend ihr zu einer ungeahnten Optik verhilft, ist einzigartig. Wir lassen uns einfangen von der phantastischen Umsetzung einer außergewöhnlichen künstlerischen Idee.
Günter Weiler
Deutschland
© Galeria 14 GdbR – 2014
Un’affascinante vita di pittura, scultura ed installazioni modella le opere di Angela Corti.
Le opere “Il Papavero Rosso” e “Nel Bosco Blu, Faggi e Fiori di Giacinto”, della collezione “Il Giardino dei Segni”, sono state selezionate per la mostra d’arte contemporanea presso la Galleria Nina Torres Fine Art di Miami.
La Galleria Nina Torres Fine Art è un nuovissimo spazio espositivo di 8.000 metri quadrati situato di fronte alla via Margaret Pace Park, al 1800 North Bayshore Drive, in un alto edificio adornato da fontane e con vista mozzafiato sulla baia di Biscayne, Miami Beach e il porto di Miami. La mostra contemporanea è caratterizzata da artisti internazionali emergenti.
Nel rivedere i suoi concetti artistici, l’artista italiana spiega il significato della collezione: “Ogni opera è composta da un dipinto ed una musica, dedicata ad un fiore, rappresentato in forma astratta, con una struttura fatta di gesti e segni che danno profondità alle forme.
Gli elementi naturali riappaiono in tutte le opere, dalle sculture alle quali sono attratta per i loro segni, le venature, le variazioni di colore, l’alternanza di superfici grezze e lisce; alla tecnica dell’incisione, goffratura e punta secca; come pure ai dipinti in cui, gli stessi fili di acciaio che sono presenti nelle sculture e sotto forma di segni nell’incisione, si trovano in forma di segni duri, morbidi e sfumati ottenuti da grafite su carta, segni che chiudono forme di colore”.
Per quanto riguarda le composizioni musicali, Angela Corti, dice:” Le musiche legate ai dipinti della collezione “Il Giardino dei Segni”, sono state composte dal musicista e compositore Rosolino Di Salvo. La sua musica è aperta e sperimentale e i suoi suoni sono minimalisti ed impressionisti, suoni come pennellate astratte capaci di trasformarsi in paesaggi, che scorrono a volte lenti, a volte veloci, per portarci altrove.
Abbiamo collaborato in diversi emozionanti eventi artistici, tra cui la mostra “Universi inesplorati”, in Agrigento (Italia), ispirata alla musica “Colori”; la mostra “Onde di pietra“, nel Castello Sforzesco di Soncino (Italia) una ricerca sperimentale, come un unione tra terra ed acqua, musica e scultura. La mostra “Il vento del deserto”, per la Biennale di Dubai, dove la musica di influenza araba si fonde con la scultura in marmo bianco di Carrara ispirata ad un’arpa”.
Angela Corti nasce a Brescia (Italia), si è diplomata in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano (2003). Dopo aver intrapreso gli studi con i suoi docenti Giuseppe Maraniello, Davide Boriani, Paolo Minoli e Luce Delhove, ha successivamente migliorato le tecniche d’incisione presso lo studio di Luigi Corsini e di scultura presso la scuola Vantini a Rezzato (Italia). Angela Corti ha studiato anche Lingue Straniere presso l’Università Cattolica di Brescia. Nel 2004 ha fondato l’ Associazione Culturale Artistica Daphne, che organizza eventi e diverse attività culturali.
Angela Corti ha esposto in varie mostre in Italia e all’estero, tra le quali la Biennale d’arte di Dubai (2014), Miniartextil Como in Italia e Montrouge in Francia (2013), Galleria Garage n ° 3 Venezia in Italia (2012), Siena Art Institute in Italia (2011), Istituto Italiano di Cultura di Londra UK (2009), Galleria Yokosuka in Giappone (2004), Istituto Italiano di Cultura di Cracovia in Polonia, Barcellona in Spagna, Bucarest in Romania, Galleria Kud France Preseren a Lubiana (2004), Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano in Italia (2003).
Rosolino Di Salvo nasce a Pforzheim (Germania) e successivamente si trasferisce in Sicilia (Italia). Inizia gli studi con il compositore e cantautore Massimo Melodia. Nel frattempo si laurea in Architettura e successivamente in Chitarra al Conservatorio V. Bellini di Palermo, viene poi ammesso alla classe di composizione. Con la casa editrice Bèrben Edizioni pubblica le sue musiche “Colori, 7 Preludi per chitarra”, “Lieve”, “La Deriva dei Sensi”, “La notte di Penelope”, “Triptico della terra e del mare”. Le sue musiche sono state suonate in concerto da numerosi musicisti internazionali, tra i quali Giulio Tampalini, Giorgio Mirto, Carlos Bonell, Flavio Cucchi, Claudio Piastra, Giacomo Bigoni. Inoltre, sono contenute nei CD “Nocturnes for Guitar”, di Giorgio Mirto – Brilliant Classics (Olanda), “Colori”, di Giuseppe Spalletta (Italia) e “Take time”, di Giacomo Bigoni – 3Sixty Studios di Fulham (Londra UK).
Alla Galleria Nina Torres Fine Art, Angela Corti presenta un approccio auto-riflessivo e autobiografico della sua attività artistica. Tramite il processo della pittura e della musica, lei cerca di esaminare il suo concetto in modo da focalizzare il rapporto tra colore, forma, spazio e musica. Nella collezione “Il Giardino dei Segni” lo spettatore è catturato dall’ illusione di essere in un paesaggio. Ciò che sembra essere un colore e una forma è in realtà un profondo studio della pittura. Le pennellate sono evidenziate e delimitate, al fine da mettere in discussione il suo ruolo nell’arte contemporanea. Pittura e Musica diventano un organico unico per mettere a fuoco l’essenza della natura – e l’esplorazione dello spazio tra illusione e figurazione.
English Version
A lifelong fascination with painting, sculpture, installation shapes the work of Angela Corti. The artworks The Red Poppy and In the Blue Woods, Beech Trees, and Flowers of Hyacinth, of the collection The Garden of Signs, were selected to show at Nina Torres Fine Art in Miami.
In reviewing her artistic concepts, the Italian based artist explains the meaning behind her series: “Each artwork is composed by a painting and a music dedicated to a flower, represented in abstract form, with a structure made of gestures and signs that give depth to the shapes. The natural elements reappear in all of my artworks, from the sculptures to which I am attracted by their signs, the veins, the color variations, the alternation of row and smooth surfaces – according to the engraving techniques, embossing and drypoint as well as to the paintings where the same steel wires, which are present in the sculptures and signs in the engraving, are found in the form of hard, soft and shaded signs obtained from graphite on paper, signs that close shapes of color.”
In regards to the music compositions Angela Corti mentions:” The music compositions linked to the paintings in the collection The Garden of Signs are created by the musician and composer Rosolino Di Salvo. His music is open and experimental and his sounds are minimalist and impressionistic. Di Salvo’s sounds resemble as abstract strokes capable of turning into landscapes, flowing sometimes slow, sometimes fast, to take us elsewhere.
Since a few years I am working with Rosolino Di Salvo together. We joined several exciting artistic events including the exhibition Unexplored Universes in Agrigento (Italy) inspired by the music Colors and the exhibition Waves of Stone in the SforzaCastle in Soncino (Italy), an experimental research, as a union of land and water, music and sculpture. In the exhibition The Wind of the Desert at the Biennale in Dubai the music of Arab influence blends with the white Carrara marble sculpture inspired by a harp.”
Angela Corti was born in Brescia (Italy) and graduated in Painting at the Academy of Fine Arts Brera in Milan (2003). After taking instructions by her lecturers Giuseppe Maraniello, Davide Boriani, Paolo Minoli and Luce Delhove, she finally improved the techniques of engraving in Luigi Corsini’s studio, and of sculpture at the school Vantini in Rezzato (Italy).
Angela Corti also studied Foreign Languages at the Catholic University of Brescia. In 2004 she founded the Cultural Artistic Association Daphne, which organizes events and diverse cultural activities.
Angela Corti has exhibited in various exhibitions in Italy and abroad, among them the Art Biennial Dubai (2014), Miniartextil Como in Italy and Montrouge in France (2013), Gallery Garage No. 3 Venice in Italy (2012), Siena Art Institute in Italy (2011), Italian Institute of Culture London in UK (2009), Yokosuka Gallery in Japan (2004), Italian Institute of Culture of Krakov in Poland, Barcelon in Spain, Bucarest in Romania, Lubiana Gallery Kud France Preseren (2004), NationalMuseum of Science and Technology Milan in Italy (2003).
Rosolino Di Salvo was born in Pforzheim (Germany) and subsequently moved to Sicily (Italy). He began his studies with the composer and songwriter Massimo Melodia. In the meantime, he graduated in Architecture and then in Guitar at the Conservatorio V. Bellini in Palermo. He was later admitted to the class of composition.
He published his music with Bèrben Edizioni, Colors , 7 Preludes for Guitar , Light, The Drift of the Senses, The Night of Penelope and Triptych of the Land and Sea. His music has been played in concert by many international musicians, including Giulio Tampalini, Giorgio Mirto, Carlos Bonell, Flavio Cucchi, Claudio Piastra, Giacomo Bigoni. In addition his music has been recorded in the CDs Nocturnes for Guitar by Giorgio Mirto – Brilliant Classics (Netherlands); Colors by Giuseppe Spalletta (Italy) and Take Time by Giacomo Bigoni – 3Sixty Studios in Fulham (LondonUK).
At Nina Torres Fine Art Angela Corti presents a self-reflective and autobiographical approach to her artistic practice. Placing the process of painting and music, she attempts to examine her concept to focus the relationship between color, form, space and music. In The Garden of Signs the viewer is taken into the illusion of a landscape. What appears to be a color, shape and form, is in fact a deeply study of painting. The brushstrokes are highlighted and emphasized in order to question its role in contemporary art. Painting and music become an organic whole to focus the essence of nature – and the exploration of the space between illusion and figuration.
June, 2014
NINA TORRES FINE ART GALLERY
1800 North Bayshore Drive,
CP1 Miami, FL. 33132
USA
Dr. Barbara Aust-Wegemund
Art History Consulting
Hamburg-Schenefeld (Germany)