Anna Lisa Ghirardi

Anna Lisa Ghirardi

Le onde si frangono contro le rocce,
generando forme, suoni e colori

Angela Corti si dedica alla scultura dal 2004, quando inizia a realizzare le sue woven stones, pietre tessute. La sua ricerca plastica invero ha radici nell’arte incisoria, da lei praticata dalla fine degli anni ’90, ancor prima di intraprendere gli studi accademici. Dalla pietra è attratta per i suoi segni, le venature, le variazioni cromatiche, l’alternanza di superfici scabre e lisce, rugose e cristalline, tanto che il passaggio dal torchio – dove le pagine più belle si sono materializzate attraverso la goffratura e la puntasecca – alla cava appare come un percorso intuibile, logico. Le cave di Botticino diventano pertanto il luogo in cui l’Artista ricerca la storia tracciata, la pagina incisa dalla natura, oltre che l’incontro della natura stessa con l’uomo, in un paesaggio che nella metamorfosi si fa pittorico e plastico. Qui l’Artista cerca blocchi di pietra, per poi compiere la sua decostruzione-ricostruzione: li frammenta, fendendoli, per poi ricomporli; dà alla materia nuova forma, riunendo i pezzi, cucendo le pietre con un filo metallico che trattiene i frammenti, generando così sul corpo inferto una veste protettiva. Tutto ciò che si frange, pur conservando i segni della rottura, della frammentarietà, può avere nuova forma, nuova vita.

Rosolino Di Salvo, architetto, musicista-compositore, compie una ricerca che vede nell’armonia e nel modulo la tangenza dei due percorsi; il suo iter musicale accoglie altresì molteplici stimoli, facendo confluire esperienze che decostruiscono le strutture rigide dell’ingegneria musicale precostituita. La sua musica è pertanto in divenire, aperta e sperimentale ed i suoi suoni sono plasmabili e mutevoli, come la nostra interiorità. Esiste infatti nei suoi brani un congiungimento diretto tra esterno ed interno, quasi la chitarra altro non fosse che lo strumento di incontro tra due emisferi. Nella sua opera prima Colori, 7 Preludi per chitarra, ciascuna composizione è un colore dell’iride, perché la sua musica, come la gamma cromatica, proietta stati d’animo, emozioni che, nella loro percezione, partono da una suggestione sensoriale per poi prendere nuove forme e immagini. I suoni di Rosolino Di Salvo sono quindi impressionistici, pennellate astratte capaci di trasformarsi in paesaggi, che scorrono talvolta lenti, talaltra veloci, per portarci altrove. I suoi suoni virano lo scorrere lineare del tempo e si tramutano in visioni mobili. Restiamo pertanto sospesi, talvolta smarriti e pronti ad un nuovo approdo.

Nel 2010 Angela Corti rimane conquistata dalla composizione musicale Lieve di Rosolino Di Salvo e da lì a poco nasce il loro sodalizio artistico.

Onde di pietra è una ricerca sperimentale generata dall’incontro di tensioni artistiche provenienti da ambiti e territori diversi, un’unione di acqua e terra, essenza fluida e salda roccia, musica e scultura. L’idea di un’opera che possa congiungere più arti era latente da anni nei due artisti. Angela Corti in più occasioni aveva sentito la necessità di restituire la sonorità della carta e della pietra, inserendo in alcuni suoi lavori pentagrammi e note musicali; dal canto suo Rosolino Di Salvo aveva già iniziato a comporre sonorità cromatico-musicali. Dal lavoro condiviso nascono così sculture musicali, strumenti sperimentali; i fili metallici sono ora sostituiti da corde di chitarra o da veri e propri strumenti musicali (xilofono, idiofono) e le pietre fungono da pareti di risonanza.

Il Musicista dà loro vita, attraverso il suo tocco nascono infatti improvvisazioni sonore, suoni germinali, fuori da ogni regola. Per questo incontro artistico Di Salvo rilegge tre suoi brani: RossoCiano Blu (dalla raccolta Colori, 7 Preludi per chitarra), la sua interpretazione si arricchisce di nuovi suoni, pronti ad accogliere non solo la suggestione del ritmo del mare e del vento, ma anche nuove sensazioni tattili e visive nate dal contatto con la pietra. Il colore sonoro acuisce pertanto il contrasto tra terra e aria, asprezza e levigatezza, spigolosità e sinuosità. Alcune esistenze, pur trovandosi sullo stesso piano, sono parallele, pertanto non si intersecano mai, altre invece sono perpendicolari, destinate a direzioni diverse, eppure in un punto si incontrano. In questo luogo, gli spazi e i paesaggi si sovrappongono, perdendo i loro confini. Smarrendosi.

Anna Lisa Ghirardi
Ottobre 2011

Il corpo dell’Artista si muove generando vibrazioni, segni, scalfitture, fratture, cuciture: è una danza elegante che tesse l’opera.

Davanti alle opere di Angela Corti ci sorprende il contrasto, l’ossimoro: bianco e nero, rilievo e scrittura, fenditura e cucitura, asperità e morbidezza, risolutezza e leggerezza, veemenza ed eleganza.

L’Artista dà l’incipit alle opere calcografiche incidendo con forza lastre di zinco e scalfendo tavole di legno, una forza che si manifesta ancor più energica e risoluta quando frammenta i blocchi di marmo che compongono la sua scultura, eppure il vigore necessario alla creazione delle sue opere nell’esito finale è sempre celato. La raffinata goffratura della carta fa infatti vibrare con levità la superficie dei suoi fogli, sulla quale persino i segni incisi paiono posati con leggerezza, le pesanti “pietre” frammentate acquistano, nella loro composizione e precarietà, forme armoniche e i rigidi fili di metallo, alla manipolazione dell’Artista, divengono flessibili.

Un’ulteriore antitesi, a dire il vero solo apparente, in quanto essa caratterizza l’intera esistenza umana, è presente nella sua opera: progettazione e casualità; il pensiero razionale e il gesto meditato incontrano il caso. La potenza e la direzione del gesto che il braccio compie nel fendere la pietra sono infatti controllabili, ma non certamente la frattura; del resto, anche nella tecnica calcografica, per usa intrinseca natura, le due componenti esistono l’una affianco all’altra. I suoi fogli stampati a secco ci invitano ad essere mossi alla ricerca della luce, rivelatrice di anfratti e sporgenze, tra contrasti di sensi ed emozioni. Le sue pietre infrante inoltre ci inducono non solo a girarvi attorno, come è consono fare con la scultura a tutto tondo, ma anche a guardarvi attraverso, esplorando e varcando le fenditure, inoltrando lo sguardo oltre il limite. L’arte quindi, ancora una volta, ci porta altrove, in luoghi immaginari e da sempre necessari. Le carte dell’Artista infatti sembrano quasi scalfite e graffiate, con la volontà di lasciare sulla crosta dell’esistenza i segni della propria presenza, la forza dello spirito vitale. E le sue scultura, strettamente connesse al linguaggio poetico ed estetico, espresso attraverso le incisioni, costituiscono una decisa risposta alla discontinuità della vita. Le fenditure del marmo infatti, pur essendo insanabili, vengono ricomposte con una tessitura paziente, erede di una gestualità antica e femminile. L’Artista non ricompone quindi le pietre spezzate nella forma originaria, non più ricostruibile, ma in nuove sembianze trattenute da tenaci fili tessuti, che acquistano un nuovo valore e un nuovo significato.

La compattezza delle forme levigate e armoniche della scultura classica è ormai lontana reminiscenza della certezza che veniva riposta nell’arte e nella vita. La scultura di Corti è figlia dell’arte della contemporaneità, smarrita e precaria, in grado di percepire della classicità ormai solo l’eco lontana delle rovine antiche.

Nell’opera “Tessitura” una sorta di telaio è invero legato alla scultura, quasi le Moire non avessero ancora finito il loro lavoro e stabilito il loro destino di ognuno di noi; nell’opera la speranza sembra infatti non voler soccombere..

L’esistenza ci attraversa, ci scompone, ci frammenta in massi percorsi da ferite, ma l’elan vitale s’innalza in una gestualità che, con le sue movenze eleganti, non cede facilmente il passo alla danza macabra.

Anna Lisa Ghirardi
Mostra Windows of the Art, 2008

deutsche Version

Mit der Körperbewegung der Künstlerin werden Erregungen, Zeichnen, Schrammen, Brüche und Nähte erzeugt: es ist ein eleganter Tanz, als ob das Kunstwerk gewebt wird.

Vor den Werken von Angela Corti stehend überrascht uns der Kontrast, das weiß-schwarze Oxymoros, Relief uns Schrift, Spalt und Naht, Widrigkeit und Weichheit, Entschiedenheit und Leichtigkeit, Kraft und Eleganz.

Wenn die Künstlerin die Bearbeitung des Druckplatten beginnt, graviert sie kräftig die Zinkplatten und schneidet in den hölzernen Druckstock, eine Kraft die sich noch energischer und resoluten zeigt, wenn sie die Marmorblöcke, aus denen ihre Skulpturen entstehen, zerbricht. Doch ist diese Kraft, die die Voraussetzung für das Schaffen ihrer Werke ist, immer im endgültigen Werk verborgen. Die raffinierte Prägung des Papiers lässt die Oberfläche ihrer Blätter mit Leichtigkeit vibrieren, auf der auch die eingravierten Zeichen leicht aufgebracht erscheinen. Die schweren zerbrochenen „Steinblöcke“ nehmen in ihrer Zusammenfügung  und Vorläufigkeit harmonische Formen an und die starren Metalldrähte werden beim Bearbeiten durch die Künstlerin biegsam.

Weitere nur anscheinend These und Antithese sind in ihrem Kunstwerk zu finden, da sie die ganze Menschheit charakterisieren, Planung und Zufälligkeit. Der rationelle Gedanke und die geplante Bewegung treffen auf den Zufall. Die Kraft und die Richtung im Schwung des Armes beim Spalten des Steins sind kontrollierbar, der Bruch sicher nicht. Aber auch in der Kupferstichtechnik existieren die zwei Widersprüche nebeneinander.

Ihre geprägten Blätter laden uns auf der Suche nach Licht ein, das Schluchten und Felsvorsprünge enthüllt, zwischen Kontrasten und Emotionen. Außerdem führen uns ihre zerbrochenen Steinen dazu, nicht nur um sie herumzugehen, wie es bei Vollplastik üblich ist, sondern auch durch sie hindurchzuschauen und die Spalten zu erforschen und hindurchzugehen, der Blick über die Grenze hinaus. Weiterhin führt uns die Kunst woandershin, zu imaginären Orten, die seit jeher  notwendig sind.
Die Papiere der Künstlerin scheinen nämlich fast verschrammt und verkratzt, mit dem Willen, die Spuren der eigenen Gegenwart auf der Oberfläche zu hinterlassen, die Kraft der Lebensgeistes. Ihre Skulpturen, die mit der von den Gravierungen ausgedrückten poetischen und ästhetischen Sprache eng verbunden ist, sind eine Antwort auf die Diskontinuität des Lebens. Die Spalten des Marmors, auch wenn unheilbar, werden mit einem geduldigen Flechten wieder zusammengesetzt, as aus einer antiken weiblichen Gestik stammt. Die Künstlerin setzt dann die zerbrochenen Steine nicht in ihrer  ursprünglichen Form wieder zusammen – weil nicht mehr rekonstruierbar – sondern in neuen Formen, die durch zähe gewebte Fäden zusammen gehalten werden, die einen neuen Wer und eine neue Bedeutung gewinnen. Die Kompaktheit der glatten und harmonischen Formen der klassischen Bildhauerei ist nun eine ferne Erinnerung der Sicherheit, die aufs Leben und auf die Kunst gesetzt wurde. Die Bildhauerei von Corti ist Tochter der zeitgenössischen Kunst, verloren und prekär, die von der Klassizismus nur das Echo der antiken Ruinen anerkennt.

Im Werk der Künstlerin „Tessitura“ ist eine Art von Webstuhl mit der Skulptur verbundenem als ob die Moiren – die drei Schicksalsgöttinnen – ihre Arbeit noch nicht zu Ende gebraucht hätten und unsere Schicksal noch nicht bestimmt hätten. In den Hoffnung, als ob sie nicht sterben möchte.

Die Existenz durchfließt uns, zerlegt uns, zerbricht uns in verwundete Teile, aber der Lebensgeist erhebt sicht mit einer Gestik, die in ihren eleganten Gebaerden dem makaberen Tanz nicht so einfach den Vortritt lässt.

Kurator Anna Lisa Ghirardi
Ausstellung Windows of the Art, 2008

Corti nelle sue opere scultoree è solita tessere la pietra, precedentemente infranta, con fili metallici, in un lavoro di paziente sutura. Per questo concorso l’Artista si allontana dalla sua pietre tessute, per comporre un’opera priva di ferite, quasi ad innalzare il mondo divino in uno spazio eterno, lontano dalle fratture del mondo terreno. La venata pietra di Botticino è per di più sostituita dal candido e nobile marmo di Carrara, scelta che conferma la contrapposizione tra fragilità e solidezza. Il contrasto non solo è percepibile tra mondo terreno e mondo divino, ma anche tra essenza apollinea ed essenza dionisiaca, che esso si trovi sull’Olimpo o sulla terra.

La scultura raffigura un occhio perché Apollo è il dio della sapienza e l’occhio è il senso percettivo che ci permette di vedere le cose, per poi proiettarle con saggezza nel nostro mondo interiore. L’immagine classicheggiante che intravediamo è però in forte contrasto con le forme rigide conferite alla scultura: ordine e bellezza sono infatti vinte dalle pulsioni incontrollate di Dioniso. L’occhio si appoggia dunque su disordinati fili di ferro, che sporcano di ruggine la bianca materia: le dolci note della lira si smarriscono su uno scompaginato pentagramma.

Anna Lisa Ghirardi
La Forma del Gusto, profumi di mosto VI
edizione, 2007

Pietra tessuta Spazio Overseas – Brescia

Tracce nella sabbia lasciate dall’acqua, segni dell’aratro scolpiti nella terra sono le venature della superficie incisa da Angela Corti. Dalla candida carta emergono vibrazioni, moti, che si fanno energia, forma; l’Artista attende la metamorfosi per tracciare nuovi segni: incisioni di colore, che percorrono il campo con un ritmo deciso, sinuoso ed elegante. Sono ombre, fili, presenze.

E’ la poesia del contrappunto: bianco e nero, rilievo e scrittura, andamenti spezzati, franti e linee sinuose, fluide. La mano genera contrasti armonici, ossimori, la cui tensione è fagocitata dalle calde fauci della bellezza. Bellezza che appartiene all’essenza di Angela Corti, tanto che nulla di ciò che ella crea scaturisce dal caos e dall’irrazionalità, ma dall’armonia, dalla musicalità e trova la sua origine nell’alveolo della femminilità.L’Artista scalfisce il foglio, lasciando l’impronta della materia incisa, quasi a voler segnare con le proprie orme la crosta dell’esistenza, e su esso trasferisce il segno della puntasecca, tecnica che, come sappiamo, non prevede ripensamenti, affermando con forza il proprio elan vitale. Nella scultura la Corti dà forma plastica alla sua ricerca grafica, o meglio, ancor prima di dedicarsi alla pietra, l’Artista ha iniziato a fare scultura nell’incisione.

Nelle venature del marmo di Botticino si ritrova il tracciato delle linee che percorrono la superficie della carta; nella materia sbrecciata si rivede il rilievo del foglio; nei fili metallici, che cercano di unire i pezzi di marmo, si rileggono i segni d’inchiostro deposti sulla pagina impressa.

Certo, rispetto all’esordio della trafittura della matrice, nel gesto che determina la frammentazione della pietra, incipit della sua opera scultorea, si percepisce una forza maggiore, un’azione più risoluta e incontrollabile; la leggera scalfittura della superficie si trasforma in una e vera e propria rottura che spezza, lacera la materia. E’ una fenditura che parrebbe insanabile, eppure l’Artista cerca di riunire i pezzi, ricompone pazientemente i frammenti, preoccupandosi di tenerli quanto più possibile saldi, sebbene ciò le richieda di trafiggere la materia con nuove ferite. Irreparabile è la rottura inferta, tale da aver causato la perdita di alcuni pezzi del blocco originario, tuttavia l’Artista si appella al principio percettivo della “buona chiusura”; nulla è pertanto perduto, tutto può essere ricomposto, attraverso il lavoro paziente e minuzioso, che porta nel mondo della scultura, arte maschile per eccellenza, la fermezza delicata del gesto femminile.

Alla discontinuità della vita Angela Corti risponde con la sutura dei frammenti…quanta speranza c’è nel suo mondo poetico.

Anna Lisa Ghirardi
Novembre 2006

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